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lunedì 23 febbraio 2015

Un'opera ROCK!

Con questa classe, ci siamo incontrati a Palazzo Pitti di mattina presto, alle nove un quarto.

Ora che ci penso non è così presto. Per me oramai le nove del mattino sono "presto" perché, da quando ho il Pezzetto (mio figlio), i miei tempi per uscire si sono dilatati. Pur abitando appena a ridosso del centro storico, per essere alle nove a Pitti devo alzarmi alle sei in maniera da potermi preparare prima che lui si svegli. Se si sveglia sono fregata. E qui, in molti non capiscono (fra questi che non capiscono metto anche la sottoscritta prima di avere figli): "Chissà che potrà mai fare un bambino così piccolo?" Eh, già: pensate a provare a mettervi i pantaloni con un bambino urlante attaccato alle vostre gambe. 

Insomma, ci siamo incontrati "presto" nel cortile dell'Ammannati. 

Loro avevano diligentemente già depositato gli zaini al guardaroba e fatto uso della toilette.

Mi presento e sbaglio il nome della scuola: "si comincia bene", penso.

Erano all'incirca venticinque, fra maschi e femmine. Terza media. Spesso un'età ingrata: io stessa a quell'età non amavo molto le mostre e i musei. Ma già il fatto che avessero chiesto di visitare la mostra temporanea alla Galleria d'Arte Moderna, "Luci sul Novecento" mi ha fatto pensare che sarebbero stati un pubblico esigente, loro e i loro professori.

Saliamo. Sosta d'obbligo alla Sala Bianca. Poi si comincia.

Fattori, Signorini, Cabianca, Casorati, De Chirico, Soffici, Sironi, Bertelli, Messina. 

Tutte opere all'insegna del classicismo più puro: serenità delle forme e struttura architettonica dell'insieme.

"Qui c'è il richiamo al Quattrocento. Qui la solidità delle forme. Qui la plasticità dei volumi. Guardate questo David di Venanzo Crocetti. Guardategli il cappello! Non vi ricorda quello di Donatello?" E loro zitti, ascoltavano e osservavano. Due di loro scrivevano. "E questa donna di Giovanni Costetti? Non vedete che pare una Madonna del Beato Angelico a San Marco?" E loro zitti ad ascoltare. 

Ed ecco che arriviamo nella parte un po' "diversa" della mostra. 

Dove ci sono le opere acquisite dalla Galleria in seguito alla vittoria del Premio del Fiorino.

Mentre fino ad ora abbiamo visto armonia, solidità e serenità, ora incontriamo oggetti irriconoscibili che si aprono in un caleidoscopio di colori, contrasti di toni, figure che si frantumano e si ricompongono in forme taglienti, quasi minacciose.

Mi fermo davanti a quell'opera che più di tutte, forse, è eloquente non fosse altro che per quei contrasti fra nero, giallo e bianco.

"E questo?", domando.

Dal fondo del gruppo, si alza una voce: "QUESTA E' UN'OPERA ROCK!"

Ecco, io meglio non l'avrei saputo spiegare.


Vinicio Berti, Racconto nell'Utopia H3, 1963-64, Galleria d'arte moderna, Firenze

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