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mercoledì 23 settembre 2015

Quella notte, a Prato: di mercanti, imperatori, castelli, apparizioni e tante altre storie

Complice una luna splendida e una piacevole brezza settembrina, la serata del 18 settembre a Prato, che avevo anticipato qui è, a mio avviso, perfettamente riuscita.
Credo che occasioni come questa siano una grande opportunità di scambio, di incontro e di condivisione.
Per questo, volendo a ogni costo serbarne memoria, ho scattato qualche foto col mio telefono (che non è malaccio, intendiamoci, sebbene dal mio Pezzetto sia stato più e più volte sbattuto per terra, smangiucchiato, spalmato di banane e marmellate e messo alla prova da ore e ore di Masha e Orso, rigorosamente in russo!).
Però, potrete capirmi, presa come ero da raccontare, parlare, gestire il gruppo, sincronizzarmi con gli attori, le mie foto non erano venute granché.
Poi, ho scoperto proprio la sera stessa, che l'Associazione Marginalia, organizzatrice impeccabile dell'evento, si era premurata di avere un fotografo professionista, Stefano Rosati, che dell'evento ha scattato foto spettacolari, che meglio non potrebbero rendere l'idea della serata.
Stefano e l'Associazione Marginalia, sono stati così gentili da darmi le foto così che io le possa pubblicare e creare una specie di racconto per immagini.
E allora, cominciamo.
Inizio e fine del percorso era la piazza delle Carceri a Prato, luogo magico, di giorno, ma soprattutto di sera.
 Ci siamo incontrati là dove quattro capolavori, creati da diversi ingegni in epoche lontane le une dalle altre dialogano fra loro, si apostrofano, si chiamano e si rispondono così da creare una magnifica e armoniosa melodia: la Chiesa di Santa Maria delle Carceri, costruita da Giuliano da Sangallo a fine Quattrocento (sì, proprio lui: il solo che Lorenzo il Magnifico volle e intensissimamente volle per disegnare il suo gioiello fra i gioielli, la gemma preziosa fra altre 43, il luogo dove poteva ritirarsi e dimenticare tutto e tutti, la villa di Poggio a Caiano);



il castello dell'Imperatore Federico II, avamposto imperiale, costruito alla fine del Duecento per controllare che tutto da quelle parti andasse per il meglio;


la chiesa di San Francesco, duecentesca anch'essa, ma oltremodo restaurata all'inizio del Novecento, con uno di quegli interventi che oggi se uno solo osasse pensarlo gli taglierebbero mani, testa e quant'altro;


e, non in ultimo, uno splendido monumento in marmo, per i caduti della prima guerra mondiale di Antonio Maraini. Sì, proprio lui, padre di Fosco, il famoso sinologo e il nonno di Dacia, l'ancora più famosa scrittrice.


Dopo le presentazioni e i saluti, ci siamo avviati verso la piazza di San Francesco. Davanti alla Chiesa era inevitabile ricordare i pratesi illustri sepolti là dentro: Geminiano Inghirami e Francesco Datini.
Il primo, grande mecenate, raffigurato giacente, sul proprio sepolcro, ma non sul nudo e duro marmo, bensì su una stoffa, sempre in pietra si intende, ma che fa venire voglia di toccarla e di affondarci le mani e il naso per sentirne la consistenza e l'odore;
il secondo, pratese, si trasferì ad Avignone, per poi rientrare a Prato con una moglie e tanti soldi, che, non avendo figli (cioè, di figli ne aveva tanti ma nessuno legittimo), lasciò alla sua città e a dire il vero anche un po' a Firenze, per l'Ospedale degli Innocenti.



A fianco della chiesa, un chiostro, quattrocentesco, non toccato dal pesante restauro, con lastre tombali dal Trecento al Novecento, ancora tutte da studiare. Molti pratesi ricordavano quel chiostro per il meraviglioso presepe meccanico che la gente veniva a visitare da tutta Italia.
Veniva talmente tanta gente che i giorni delle feste non bastavano a esaudire il desiderio di vedere il meraviglioso presepe, che veniva dunque montato in ottobre e smontato dopo l'Epifania.
Poi, non si sa come, in un passaggio di testimone della chiesa dai francescani ai carmelitani il presepe fu perso e i pellegrini, delusi e disillusi, smisero di organizzare viaggi per vedere i  Re Magi fuori stagione.
E qui la prima sorpresa.
Mentre camminavamo, abbiamo sentito partire una melodia e abbiamo visto muoversi qualcosa al centro: intorno al pozzo, come per magia, il presepe era tornato. Con movimenti ritmici ma soavi, tre personaggi ci hanno riportato, per pochi minuti, a quando il chiostro si animava di voci, suoni, luci e personaggi riccamente vestiti, in visita dall'Oriente.







Usciti dal Chiostro, non era pensabile non affacciarsi al Convitto Cicognini, edificio regale, che ha ospitato personaggi illustri a partire da Gabriele D'Annunzio fino a Curzio Malaparte. Fra questi, anche Cesare Guasti. Ma chi era costui? Un signore coltissimo, autore di centinaia di pubblicazioni. E quanto era sapiente, Cesare, tanto era religioso. La sua famiglia lo era. Le sue sorelle erano tutte suore.
E a Prato ci fu un grande scandalo, quando, non si sa come non si sa perché, a un certo punto, il nostro Cesare, decise di scrivere un trattatello che riportava in auge la figura del Savonarola. Sì, proprio lui. Quello che in Piazza Signoria a Firenze obbligava la gente a bruciare quadri con "belle femmine ignude", gioielli, vestiti scollacciati. Quello che non diede l'assoluzione al Magnifico che stava per morire. Quello che poi finì nel rogo, al posto dei suddetti quadri, gioielli e vestiti. Quello che per l'appunto, la Chiesa considerava eretico. E quando a Cesare gli venne questo sghiribizzo di scrivere una cotale aperta difesa del Savonarola, contravvenendo ai dettami della "sua" Chiesa, la sorella suora, l'Enrichetta, manca poco che se ne muore.
E noi l'abbiamo incontrata, questa Enrichetta, disperata, che correva per le vie del centro di Prato, cercando di ripararsi dalle male lingue che le facevano tanto male da rovinarle la salute!





E quando all'Enrichetta le é parso come di svenire, eravamo già al Palazzo Pretorio, antico centro politico cittadino, ora sede di uno stupefacente museo, che conserva la predella di Bernardo Daddi di cui dicevo.



In mezzo alla piazza antistante, Francesco Datini, ritratto a figura intera in una statua imponente, impettito e orgoglioso del suo lascito, ci saluta.
 Generoso, lui, con il suo lavoro e con la sua città, come s'è detto, ma non con sua moglie, quella povera Margherita che passò la vita ad aspettarlo e ad obbedire, a lui che le impartiva ordini via lettera. Si sa, il telefono non c'era. Tanto meno WhattsApp. La poveretta, che non poteva avere figli e che era sempre sola, a un certo punto si decise ad "affigliolare" una dei numerosi figli e figlie che Francesco aveva per il mondo: la Ginevra, che stava sempre con lei, le faceva compagnia e la consolava.
Poi, via, in piazza Duomo. Una cattedrale imponente, modellata tutta intorno a un pezzetto lungo 87 centimetri di lana di capra intessuta con fili d'oro, il pezzo di cintola che si dice la Madonna abbia dato a San Tommaso e che Michele Dagomari abbia portato qui.
Il Politeama, i negozi storici, Palazzo Vai fino ad arrivare di nuovo in piazza delle Carceri.
Lì, c'era Jacopino, un bambino d'una decina d'anni, che su uno dei muri del castello vedeva la Madonna. Il suo babbo non ci credeva. Ma lui aveva ragione, la vedeva per davvero la Madonna. E quando Jacopino riuscì a convincere un po' di gente che quella che vedeva proprio Lei, in quel punto esatto, proprio lì dove appariva, ci costruirono una chiesa, Santa Maria delle Carceri, per l'appunto.




Salutato Jacopino, fiero di aver reso giustizia alla sua visione, i raggi della luna ci hanno scortato fino a una piazzetta dove era stato allestito un piccolo rinfresco con dei dolci che non potevano mancare in una serata come questa: i cantuccini di Prato del Biscottificio Mattei.
Ecco qua, ditemi se non vi sembra sia stata una splendida serata, questa.
Lilia, nella persona di Fiammetta, ha avuto un'imperdibile occasione: quella di venir fotografata mentre racconta le sue storie. Non è scontato eh...a volte costringo mio marito a venire alle mie visite e a farmi qualche scatto. Ma, anche lui, con il telefono, ridotto un po' meglio del mio, ma comunque un po' provato, non può fare molto. Invece, sempre grazie a Stefano, ho l'opportunità di presentarmi anche de visu, così se qualcuno mi vede per caso per strada, può riconoscermi!


Dunque, grazie a Stefano, grazie a Marginalia, grazie alla compagnia teatrale La quinta abbondante per le simpatiche incursioni, grazie a tutti i partecipanti... per me, per Fiammetta, per LILIA, quella di venerdì sera è stata una magnifica occasione!







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